Ghiandaia marina

CORACIAS GARRULUS

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    e chi lo sà....

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    La ghiandaia marina è un uccello coraciiforme appartenente alla famiglia dei Coraciidi. La Ghiandaia marina è uno degli uccelli più appariscenti che vivono e si riproducono nel vecchio continente. Turchese sul petto e sul ventre, così come sul capo, il piumaggio sfuma invece nelle tonalità del castano sul dorso, quindi del verde smeraldo nelle estremità.
    Continuo e non molto acuto, costituito da una serie ininterrotta di brevissimi suoni intermittenti, il canto della Ghiandaia marina si può udire facilmente con l’arrivo della “bella stagione”, quando la specie fa ritorno dai lontani quartieri di svernamento africani. È in questo periodo, peraltro, che avviene la “danza nuziale” del maschio, che mette in mostra il suo magnifico piumaggio compiendo acrobazie mozzafiato sotto i raggi del caldo sole di primavera.

    Le calde estati della bassa toscana, ma anche il torrido sole che sferza gli uliveti pugliesi. Fino al clima tipicamente mediterraneo di sassarese e agrigentino. Questi gli habitat preferiti in cui le ghiandaie marine costruiscono il nido. Il loro arrivo coincide di solito con l’inizio della primavera, dopo un lungo inverno trascorso nei quartieri africani di svernamento. Già a trenta giorni dalla schiusa questo uccello si presenta nel classico e inconfondibile piumaggio turchese.
    Amante dei climi caldi, dove le estati sono lunghe e assolate, la sottospecie nominale garrulus abita il Nord Africa, l’Europa, l’Asia Minore, fino ad Iran e Siberia sud-occidentale. Altre sottospecie abitano il Medio Oriente, fino al Pakistan e alla Cina occidentale, mentre a nord il limite dell’areale distributivo è segnato dallo sconfinato Kazakistan.

    La Ghiandaia marina è presente soprattutto nella porzione mediterranea e orientale del vecchio continente. In generale, questa specie era molto più diffusa alle nostre latitudini tra fine Ottocento e inizio Novecento, prima dell’inizio di un lungo e inesorabile declino, dovuto molto probabilmente alla minore disponibilità di siti idonei alla costruzione del nido.
    La popolazione italiana risulta nidificante e interamente migratrice. Lo svernamento avviene nell’Africa tropicale, specialmente nella porzione orientale del continente. Sui nostri cieli la specie ritorna con l’arrivo della primavera, quando inizia la nidificazione. Da notare, anche in questa specie, la maestosa “danza nuziale” dei maschi: prima della riproduzione, i maschi compiono spettacolari acrobazie aeree, mentre la luce solare si riflette sul piumaggio e attira in questo modo l’attenzione della femmina. Il viaggio di ritorno comincia già alla metà dell’estate, ed è in questo momento che si possono osservare stormi di ghiandaie marine composti anche da qualche decina di individui.

    Attualmente classificata come vulnerabile, la specie ha conosciuto un declino costante per tutto il Novecento, che ha coinvolto buona parte dell’areale europeo.
    Purtroppo, il declino non pare essersi arrestato neppure negli anni più recenti, a giudicare dai censimenti effettuanti tra il 1970 e il 1990 e anche nel successivo decennio. L’attuale frazione “comunitaria” di Ghiandaia marina è pari a un modesto 9% della popolazione complessiva europea, che secondo le stime più accurate potrebbe raggiungere anche le 110mila coppie.
    Di queste, circa 300-500 nidificano stabilmente nel nostro Paese, che tutela la popolazione nidificante di Ghiandaia marina sia tramite la Direttiva Uccelli sia proteggendola in modo particolare dal prelievo venatorio.
    Nonostante la sostanziale stabilità, il trend di popolazione appare nei fatti notevolmente più complesso, con decrementi e fluttuazioni locali nell’Italia centrale accompagnati a una recente colonizzazione della Pianura Padana centro orientale. Quello a cui si assiste corrisponde, con tutta probabilità, a uno spostamento di baricentro dell’areale verso settentrione, come dimostrerebbe la crescita di coppie nidificanti in Emilia-Romagna e in Veneto.

    Come si spiegano spostamento di areale e fluttuazioni locali? Una possibile spiegazione è individuabile nel riscaldamento climatico, che ha reso parzialmente ospitali aree in precedenza evitate dalla specie. In attesa di studi più approfonditi da questo punto di vista, si rileva comunque un notevole incremento del contingente nidificante tra Veneto ed Emilia-Romagna, mentre in buona parte dell’Italia centrale si registrano fluttuazioni nella maggior parte dei casi orientate al decremento.
    Dal punto di vista ecologico, la Ghiandaia marina necessita di estati calde, evitando sia quote elevate sia zone a clima oceanico. Allo stesso modo, evita deserti o praterie prive di vegetazione. Pur non essendo particolarmente legato alla presenza di acqua, frequenta volentieri boschi posti in prossimità di corsi d’acqua o aree umide, e risponde adeguatamente alla posa di cassette nido.

    La Ghiandaia marina pare evitare, poi, le colture cerealicole per spingersi più spesso in uliveti e aree irrigate, anche se l’irrigazione costituisce frequente causa di mortalità per i pulcini. Molto probabilmente, a fare la differenza rispetto alle numerose fluttuazioni locali registrate nell’Italia centrale è il degrado dell’habitat dovuto alla diffusione dell’agricoltura intensiva, un fattore certamente più impattante rispetto alla scarsa disponibilità di prede.
    Pur nidificando occasionalmente in strutture di origine antropica – per esempio, in Emilia-Romagna, le torrette di media e bassa tensione – la specie ha sofferto molto per il drastico declino di siti idonei alla costruzione del nido, frutteti estensivi, seminativi non irrigui, querceti radi e pinete con radure, praterie inframmezzate da boschi. L’intensificazione delle pratiche agricole è stata di per sé una causa di minaccia per la specie, con impatto negativo sulla disponibilità di siti idonei.

    Va rilevata, anzitutto, la buona risposta della specie alla posa di nidi artificiali. Un fattore in grado di compensare, se pure parzialmente, la diminuzione di siti idonei per la nidificazione. Minacciata in generale dalla perdita di habitat e da un’agricoltura sempre più intensiva, la specie risulta localmente in grande sofferenza, nell’Italia centrale, mentre alcune aree dell’Italia settentrionale sono state recentemente colonizzate con incremento sia del numero di coppie nidificanti sia dell’areale distributivo.

    Abbondantemente studiata all’estero, la specie non ha ancora ricevuto in Italia la dovuta attenzione per quanto riguarda ecologia e biologia riproduttiva.
    In realtà, gli studi più approfonditi riguardano proprio le aree di recente colonizzazione – quali appunto le province emiliano-romagnole sopra ricordate – ed è la mancanza di dettagliate informazioni generali a rendere impossibile la determinazione di un Valore di Riferimento Favorevole (FRV). Risulta comunque utile, per fornire alcune indicazioni generali di conservazione, distinguere la popolazione della bioregione continentale – ridotta ma in espansione – dalla bioregione mediterranea, in cui la specie appare in sofferenza.

    È in queste aree, dove le popolazioni sono estremamente ridotte rispetto alla consistenza storica, che vanno indirizzati gli interventi, volti alla tutela dei siti riproduttivi e, ove necessario, sfruttando le cassette nido che – è stato dimostrato – possono essere utilizzate con successo dalla specie. Queste azioni dovrebbero essere mirate anche a favorire la ricolonizzazione di aree occupate in tempi storici, favorendo in modo particolare gli episodi di ricolonizzazione spontanea.



    Fonte: www.uccellidaproteggere.it
     
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