Balia dal collare

FICEDULA ALBICOLLIS

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    e chi lo sà....

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    La balia dal collare è un uccello passeriforme della famiglia Muscicapidi. Bianco è il ventre, così come alcune macchie sulle ali, sulla coda e sulla parte centrale del capo, sotto agli occhi. Nero è tutto il resto, mentre il cosiddetto “collare” è chiaramente identificabile sul collo, dove le piume bianche proseguono anche sul dorso, circondando l’intero corpo. Tutta la varietà cromatica – per la verità bi-cromatica, bianco e nero – è concentrata in appena 13 cm, per un uccello che solitamente non supera i 10 g di peso. L'apertura alare e di circa 24 cm.
    Il piumaggio primaverile del maschio è nero sulla testa e sulle parti superiori mentre è bianco nelle parti inferiori, macchia alare e sui bordi della coda. Il bianco della gola si estende fino alla nuca a formare un esteso collare. In autunno il piumaggio somiglia a quello della femmina, con riduzione del collare e dei segni bianchi.
    Il piumaggio della femmina è più grigio, e si distingue dalla balia nera per i segni sulle ali più marcati.

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    femmina © foto https://birds.kz
    Inconfondibile per l’ampio collare bianco, questa specie si riconosce facilmente anche dal richiamo, acutissimo e composto da un lungo “trillo” fischiante, inframmezzato di tanto in tanto da brevi suoni più melodici, comunque acuti. Specie forestale, condivide l’habitat con il più grosso Picchio rosso maggiore, che non di rado fa strage di uova e pulcini. Entrambi però hanno un “nemico” comune: la gestione forestale indirizzata all’eliminazione delle vecchie piante.
    Risaltano le abitudini prevalentemente forestali di questo uccello, legato in modo particolare, alle nostre latitudini, a boschi di querce, faggi, tigli, ma anche castagneti e betulleti. Similmente ad altre specie dipende essenzialmente dalla presenza di vecchie piante con cavità, ove trovare riparo e costruire il nido. Per il resto, si alimenta prevalentemente di insetti, catturati abilmente in volo.

    La Balia dal collare nidifica esclusivamente in Europa, e in particolare nell’Europa orientale. Migratrice, compie lunghissimi viaggi per raggiungere i quartieri di svernamento, il più delle volte posti in Africa a sud dell’Equatore. Pur essendo una specie abbastanza rara, la sua distribuzione in Italia è piuttosto omogenea, e comprende sia una ristretta fascia disposta per l’intera lunghezza di Alpi e Prealpi, sia ampie zone dell’Italia peninsulare, prevalentemente l’area appenninica.
    In Italia la sua presenza appare particolarmente legata ai vecchi castagneti e, più localmente, a querceti o faggete mature posti a quote di poco inferiori ai 1.000 m. È in questi habitat che la specie raggiunge le densità più alte, ed è proprio la sempre maggiore rarefazione di queste formazioni, lasciate decadere a vantaggio del bosco generico, a causare una delle principali difficoltà per la popolazione italiana di Balia dal collare.

    La Balia dal collare mostra uno stato di salute relativamente buono nell’intera Unione Europea, che ospita circa 150-360mila coppie della specie, una popolazione grossomodo stabile negli ultimi 40 anni.
    Alla popolazione nidificante, particolarmente protetta in Italia dalla legislazione venatoria, si aggiunge poi ogni anno un congruo numero di individui in migrazione post-riproduttiva. I dati su ricatture e inanellamenti hanno mostrato una particolare abbondanza in autunno di individui provenienti da aree piuttosto circoscritte della Germania meridionale e del Baltico svedese.
    Riguardo al contingente nidificante, sono probabilmente le fluttuazioni locali ma anche alcune estinzioni nelle zone marginali dell’areale a spiegare la stima oggi più contenuta sulla consistenza della popolazione. In Piemonte, per esempio, dove la decina di coppie stimate in provincia di Alessandria negli anni Ottanta sono praticamente scomparse. O in Val d’Ossola, dove non sono state più osservate in anni recenti coppie riproduttive ma solo pochi maschi cantori.

    Il calo consistente verificatosi a partire dagli anni Ottanta nell’intero settore prealpino è molto probabilmente da mettere in relazione al susseguirsi di primavere fresche ed eccezionalmente umide, che hanno influito sul successo riproduttivo e provocato, in definitiva, una contrazione di areale. Molto probabilmente il declino non si è arrestato neppure negli ultimi anni, come dimostra la popolazione lombarda, praticamente scomparsa, mentre popolazioni più stabili si ritrovano tuttora in Italia centrale, per esempio nel Lazio, con poco più di 500 coppie in provincia di Rieti, oppure in Basilicata dove la specie è estremamente localizzata ma relativamente abbondante in alcune vecchie faggete montane.
    L’abbandono dei castagneti “a lungo termine”, infatti, o la loro conversione in impianti più giovani e a ricambio più ravvicinato negli anni – con la conseguente impossibilità di formazione delle tipiche cavità nei tronchi – è probabilmente la minaccia che più pesa sulla popolazione italiana di Balia dal collare. Il resto lo fa una gestione forestale raramente attenta, al di fuori delle aree vincolate, alle esigenze ecologiche di questa come di altre specie di uccelli per le quali dalla disponibilità di vecchie piante dipende l’intero ciclo riproduttivo.

    Uno di questi è il Picchio rosso maggiore, che però per la Balia dal collare costituisce un importante predatore naturale di uova e pulcini, insieme alla Martora e ai Grilidi. Come nel caso del Picchio, anche la Balia dal collare può nidificare in formazioni artificiali come le cassette nido, anche se le sue dimensioni troppo ridotte possono influenzare negativamente l’esito della riproduzione.
    Il mantenimento di vecchie piante rimane una priorità per la conservazione di questa e altre specie forestali che nidificano nelle cavità degli alberi. La prima indicazione utile per garantire un futuro a queste specie è dunque quella di diffondere pratiche di gestione forestale sempre più attente e sensibili alle esigenze ecologiche della fauna selvatica.
    Non stupisce come densità importanti si rilevino soltanto laddove le pratiche di gestione forestale siano condotte nel rispetto delle esigenze ecologiche della specie, con particolare riferimento alla salvaguardia delle piante più vecchie. Un’alternativa è rappresentata dalla posa di cassette nido – anche se la loro dimensione e posizione può influenzare non poco l’esito della riproduzione – che può rappresentare una soluzione in grado di compensare parzialmente, a medio termine, la diminuzione di siti idonei per la specie.



    Fonte: www.uccellidaproteggere.it
     
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