Gruccione

MEROPS APIASTER

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    Il gruccione comune è un variopinto uccello appartenente alla famiglia Meropidi. È detto anche merope, come il genere di cui fa parte.
    Il Gruccione può raggiungere una lunghezza di 25-29 centimetri, considerando anche le penne della coda – particolarmente allungata – mentre l’apertura alare può raggiungere i 40 centimetri e il peso i 50-70 grammi. Il ‘fondo’ della livrea appare castano, sul dorso, e azzurro, nel ventre, ma offre anche sfumature di giallo, verde, nero, e arancione. Il becco è nerastro, lungo e leggermente ricurvo verso il basso. Le zampe sono marrone-grigiastro. I sessi sono fra loro molto simili e difficilmente distinguibili.
    Il trillo è tipico: nasale, liquido, udibile a distanza: “criich-criich-criich” o “priich-priich“ o “criichuich“ o “prruich“ ripetuto continuamente. Il suono singolo indica normalmente la posizione e l’assenza di pericolo, il suono ripetuto viene usato come allarme.

    Specie piuttosto socievole, il Gruccione costruisce il proprio nido in colonie, tra banchi di sabbia, preferibilmente lungo le rive dei fiumi. Dall’aspetto particolarmente elegante, è facilmente riconoscibile per le forme esili e la livrea variopinta. Qualche problema, per la verità, il Gruccione lo crea agli allevatori di api, insetti di cui va estremamente ghiotto: se individua un’arnia, ogni singolo individuo può consumare anche fino a 200-250 api al giorno.
    Diffuso prevalentemente nel bacino del Mediterraneo, il Gruccione è nidificante alle nostre latitudini, mentre lo svernamento avviene, dopo un lungo viaggio nell’Africa posta a sud del Sahara. Predilige ambienti aperti con vegetazione spontanea e cespugliosa con alberi sparsi e tralicci, presso corsi fluviali, boschi con radure. Durante le migrazioni è frequente anche in zone umide e litorali.

    Nidifica prevalentemente presso scarpate lungo fiumi, in cave di sabbia – attive o abbandonate – in ambienti agricoli con boschetti sparsi, in vaste radure, in arbusteti con paretine sabbiose, vigneti, dune sabbiose, pascoli, steppe. Tipicamente, il nido è costituito da un profondo cunicolo – anche fino a 3-5 metri – ove la femmina depone 5-8 uova di forma sferica. Entrambi i sessi si occupano della cova, che dura circa 20 giorni. Di solito la specie effettua non più di una covata l’anno: se una coppia trova un luogo favorevole alla costruzione del nido, ne sopraggiungono altre fino a formare vere e proprie colonie.
    In Italia le colonie di nidificazione sono concentrate quasi esclusivamente in pianura e collina. La specie giunge nel nostro Paese tra la fine di aprile e l’inizio di maggio, per ripartire ad agosto inoltrato. Si nutre prevalentemente di insetti catturati in aria con sortite da un posatoio. Quando si tratta di insetti dotati di pungiglione – come le api, di cui è ghiotto – questi vengono ripetutamente colpiti su una superficie dura, con l’ausilio del becco.

    Attualmente classificato come “depleted” nell’Unione europea, il Gruccione mostra uno stato di conservazione sfavorevole anche a livello continentale.
    La specie è poco studiata in Europa dal punto di vista delle rotte di migrazione: gli studi evidenziano infatti una singola ricattura estera, per quanto di interesse, in quanto ben evidenzia la rotta migratoria tra la Tunisia e l’Italia attraverso il Tirreno. Un risultato confermato anche dagli inanellamenti primaverili effettuati sulle isole. Le ricatture in Italia di individui marcati all’estero abbracciano invece un’ampia area del bacino del Mediterraneo, dall’Algeria alla Libia, alla Grecia. Interessante anche la segnalazione in Ucraina, a confermare come il nostro Paese rappresenti un importante sito di transito anche per le popolazioni orientali.

    Il fenomeno di espansione della specie sembra essersi accentuato a partire dalla prima metà degli anni ’80, per proseguire nel periodo successivo.
    Diversi i fattori che possono spiegare questa espansione, a cominciare dalle esigenze ecologiche della specie. In Lombardia, ad esempio, è stata osservata una netta predilezione per le aree con scarsa piovosità estiva, unita a una preferenza per le aree coltivate a mais, riso e cereali, inframmezzate da filari, fasce arboree e canali. Zone agricole, cave abbandonate, aree incolte sono invece gli ambienti di cui la specie trova ampia disponibilità in collina. Il substrato sabbioso è preferito nella stragrande maggioranza dei casi (come evidenziano, da questo punto di vista, gli studi effettuati in Emilia-Romagna e Veneto).

    Rispetto ai potenziali fattori di minaccia, va sottolineato come la riduzione dei siti riproduttivi o la loro alterazione possa rappresentare un fattore limitante. Il disturbo antropico o la predazione al nido possono compromettere l’esito della nidificazione.
    Il successo riproduttivo pare inoltre essere più contenuto nelle colonie più piccole, probabilmente più esposte al rischio di predazione. I dati disponibili evidenziano un tasso d’involo di 3,7 giovani per coppia in provincia di Salerno, mentre in Piemonte il successo riproduttivo stimato raggiunge l’80%.

    La specie in Italia è ben monitorata, nel complesso, e relativamente numerosi sono gli approfondimenti condotti a livello delle diverse aree e regioni biogeografiche.
    In generale, occorre assicurare la conservazione dei siti riproduttivi in linea con le esigenze ecologiche della specie. Andrebbe altresì evitato l’eccessivo disturbo antropico presso le colonie, in particolare in periodo riproduttivo, e limitata la diffusione dei principali predatori.
    Va anche sottolineato come – a fronte di un quadro nel complesso favorevole e in controtendenza rispetto alla situazione rilevata in ambito “comunitario” – alcuni tassi di produttività rilevati a livello locale si siano mostrati insufficienti, nel medio periodo, per garantire l’autosostentamento della popolazione.

    Inoltre, il quadro relativamente favorevole della popolazione italiana non deve far dimenticare come la popolazione globale versi in generale declino. Potenzialmente importanti per la sua conservazione sono anche, da questo punto di vista, le condizioni riscontrate durante lo svernamento in Africa e la migrazione per e da i quartieri riproduttivi. Tuttavia, mancano al momento dati sufficienti per stimare gli effetti di tali condizioni sui contingenti nidificanti nel nostro Paese.



    Fonte: www.uccellidaproteggere.it
     
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    Un filmato di una colonia lungo il Fiume Adda, Lombardia Centrale


    Edited by Roberto Rota - 22/2/2022, 07:18
     
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1 replies since 24/8/2020, 10:24   100 views
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