Gracchio alpino

PYRRHOCORAX GRACULUS

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    e chi lo sà....

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    Il gracchio alpino è un uccello passeriforme della famiglia dei Corvidi. Più piccolo e snello della Cornacchia grigia, lo si può riconoscere facilmente per la livrea uniforme, completamente nera, su cui si stagliano becco giallo e zampe rosso arancio, più scure nei giovani. La sua lunghezza media è di 37 centimetri, per un’apertura alare pari a circa 80 centimetri. La silhouette in volo fa risaltare le lunghe ali, ampie e arrotondate, ma anche la coda, anch’essa piuttosto lunga e arrotondata all’apice.
    La specie emette, piuttosto di frequente, grida acute e fischi. Si può così distinguere abbastanza facilmente, dall’affine Gracchio corallino, il cui richiamo è invece più rauco e nasale, trascrivibile come “kiorr”.

    Onnivoro, è prevalentemente insettivoro in estate e frugivoro in autunno e inverno, quando si nutre di bacche di mirtilli e uva orsina in montagna, mele non raccolte a fondovalle. Sfrutta regolarmente i rifiuti alimentari abbandonati dall’uomo.
    Il nido – piuttosto voluminoso e formato da rametti ed erba secca – viene costruito negli anfratti delle pareti rocciose. Qui, la femmina depone dalle 3 alle 5 uova, che cova per circa 18-21 giorni. I pulcini restano al nido in media 35 giorni, ma anche dopo questo periodo seguono a lungo gli adulti mendicando insistentemente l’imbeccata.

    In estate, il Gracchio alpino è osservabile quasi esclusivamente al di sopra del limite superiore della vegetazione. Nidifica su pareti rocciose e si alimenta sulle praterie alpine e lungo i bordi dei nevai. In inverno, ma solo in presenza di abbondanti nevicate, scende sino al fondovalle frequentando prati, frutteti e centri abitati. Le stazioni turistiche situate a quote elevate offrono alla specie una sicura fonte di cibo, durante tutto il corso dell’anno, consentendole di svernare anche sino a 2.500-3.000 metri di altitudine. Il Gracchio alpino è decisamente gregario, e lo si può osservare riunito in stormi composti da svariate decine di individui, anche fino a un migliaio d’inverno. Compie regolari spostamenti giornalieri fra i dormitori – o i nidi posti sulla roccia – e i luoghi di alimentazione.

    Distribuita tra Europa e Asia, la specie presenta un’areale molto frammentato, che comprende le montagne dell’Europa centro-meridionale fino ai rilievi del Marocco. Nel nostro Paese predilige gli ambienti di media e alta montagna ed è presente con una distribuzione più uniforme sulle Alpi, rispetto all’Appennino centrale, dove si spinge fino alle quote più basse.

    Le popolazioni europee di Gracchio alpino mostrano tendenze demografiche stabili e, dunque, la specie è considerata in stato di conservazione favorevole.
    La specie mostra uno stato di salute favorevole in Europa e, in particolare, sulle Alpi, mentre locali decrementi si registrano nelle zone appenniniche. Il suo interesse venatorio è nullo e frequenta ambienti d’alta quota per lo più di buona qualità.

    È favorita, soprattutto nel periodo invernale, dalla presenza di rifugi e stazioni sciistiche in alta montagna le cui prossimità vengono frequentate alla ricerca di cibo. Tale abitudine può influire positivamente sul successo riproduttivo e sulla sopravvivenza dei giovani nel periodo successivo all’involo. Tuttavia, l’allestimento di piste da sci in quota e relativi interventi di sbancamento delle praterie alpine sono mal tollerati anche dal Gracchio alpino, oltre che da altre specie d’alta quota.

    Dal punto di vista del successo riproduttivo, non si ravvisano al momento particolari fattori negativi per la specie; tuttavia, l’aumento della presenza umana in alta quota – pur favorendo in qualche modo la specie grazie all’accresciuta disponibilità di cibo – andrebbe monitorato e regolamentato, al fine di prevenire eccessivo disturbo ai siti riproduttivi.

    Studi approfonditi sulla specie sono stati effettuati a livello locale, nelle popolazioni piemontese e lombarda. Il Gracchio alpino è inoltre sufficientemente studiato per quanto riguarda ecologia e distribuzione ma, a causa dell’oggettiva difficoltà di effettuare indagini negli ambienti aspri e rocciosi in cui la specie vive e nidifica, mancano dati quantitativi sufficientemente approfonditi sulle dimensioni delle colonie in ambito alpino e appenninico.

    Sarebbe quindi necessario condurre, avvalendosi di una metodologia standardizzata, conteggi accurati su alcune delle maggiori colonie riproduttive note. Sulla base di questi studi andrebbe poi predisposto un modello per stimare la consistenza riproduttiva e post-riproduttiva delle popolazioni su ampi settori montani.

    Il Gracchio alpino è una specie protetta (Convenzione di Berna, all. II – Legge nazionale 11 febbraio 1992, n.157), anche se non è propriamente incluso tra le specie a rischio di estinzione, è comunque un uccello da considerarsi “da tutelare“, parte integrante di un eco-sistema che comprende molta della fauna selvatica che tutti conosciamo in alta montagna.
    Il Gracchio alpino non ha mai attirato più di tanto l’attenzione degli allevatori ornitofili, un po’ per l’estrema difficoltà di allevamento, essendo questa specie abituata a determinate temperature ed essendo difficile da far socializzare in cattività, un po’ per il suo aspetto, non molto colorato, e quindi poco ammirato dagli appassionati di uccelli idigeni, che ricercano sovente uccelli con colorazioni ben più sgargianti e con un mercato ormai affermato.
    Non vedrete mai quindi, o solo in rarissimi casi fortuiti, il Gracchio Alpino in mostre ornitofile sul nostro territorio nazionale.

    Sottospecie:
    Pyrrhocorax graculus graculus (Linnaeus, 1766)
    Pyrrhocorax graculus digitatus (Hemprich & Ehrenberg, 1833)
    Pyrrhocorax graculus forsythi (Stoliczka, 1874)
    Ne esisteva anche una quarta, il Pyrrhocorax graculus vetus, ma si è estinta da tempi remoti.



    Fonte: www.uccellidaproteggere.it
     
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